Il concetto di reputazione può essere definito come la proiezione verso l’esterno dell’insieme  dei valori che vengono riconosciuti dal corpo sociale; essa implica una valutazione sociale, un giudizio espresso da un gruppo di individui.
Il rapporto con la reputazione si fa sempre più stretto con l’avvento delle nuove tecnologie, ed in particolare all’espansione del Web, proprio perché grazie a questo gli utenti hanno iniziato a condividere in rete quelle che sono le proprie esperienze e valutazioni su aziende ed altri soggetti costituendo uno dei canali di influenza della reputazione più importanti, con conseguenti ripercussioni. Nel web le informazioni disponibili sono molte e spesso poco controllate o controllabili: rimangono nel tempo e nella memoria; attraverso blog o social network vengono postate a una velocità impensabile.
Alla luce dei notevoli cambiamenti apportati dal web nel corso del tempo si deve sempre più prestare attenzione alla quella che possiamo chiamare e-reputation. Questa può essere definita come la reputazione che si sviluppa attraverso la rete, quindi quando ad esempio la reputazione di determinata azienda o brand (ma può riguardare benissimo anche persone)  nasce da commenti, articoli, recensioni o semplici opinioni espresse dagli utenti sul web.
La decisione di trattare questa tematica muove dalla necessità di sviluppare riflessioni riguardanti la nascita di un nuovo spazio virtuale, il cui controllo legislativo risulta assai complesso sopratutto se
consideriamo le difficoltà con cui si deve confrontare il legislatore nazionale.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha costantemente affermato la valenza
centrale della libertà di manifestazione del pensiero nel nostro ordinamento. Essa ha infatti asserito che tale libertà «è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle […] che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com’è del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale» (sentenza n. 9 del 1965), sottolineando che il diritto previsto dall’art. 21 Cost. è «il più alto, forse,» dei «diritti primari e fondamentali» sanciti dalla Costituzione (sentenza n. 168 del 1971).
Il diritto di manifestare il proprio pensiero è attribuito all’uomo in quanto tale; la libera
manifestazione del pensiero rientra tra i diritti inviolabili dell’uomo tutelati dall’art. 2 Cost. e la Repubblica ha il dovere di garantirli a tutti. Forte importanza viene data anche al rapporto tra libera manifestazione del pensiero e regime democratico. La Corte inoltre, si è avvicinata, in diverse pronunce, alla tutela del settore dell’informazione; infatti in mancanza di una specifica disciplina costituzionale dell’informazione, la Corte ha sempre ricondotto il diritto di informare nell’ambito di tutela della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, sulla base della considerazione che le notizie, al pari delle opinioni, sono esperessioni del pensiero.
E’ importante che chi utilizza la rete capisca che non si tratta più di un terreno caratterizzato da sola libertà, ma anche di uno strumento che deve essere soggetto a limiti nel momento in cui sono coinvolti i diritti della persona. Conoscenza e informazione sulla tutela della reputazione in rete diventano quindi pretesto di discussione.  Questo apparente conflitto costituzionale viene risolto attraverso un’attenta lettura sia dell’art. 10 CEDU, sia dell’art. 21 Cost., che risolvono la questione ponendo dei limiti. Riportiamo i testi degli articoli:
Art 10 CEDU: “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione […] senza che vi possa
essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.”
Art.21 Cost.: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.[…] Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.”
Il diritto di espressione è un diritto così importante e fondamentale per la realizzazione
personale dell’individuo che a primo impatto parrebbe quasi inopportuno che l’autorità
giudiziaria ponga dei limiti. In realtà non è sensato considerare questi limiti come una
diminuzione della libertà di parola poichè, in un contesto democratico, le libertà di ciascun individuo devono coesistere pacificamente nel rispetto sia degli individui stessi che del diritto.
Accanto al precetto normativo, fondamentale è l’interpretazione giurisprudenziale, poichè essa non deve creare conflitto ma risolverlo, in modo da garantire la pacifica esistenza e tutela di tutti i diritti. Non si può non sottolineare l’importanza di questo apparente conflitto perché è proprio su questa falsa interpretazione che è possibile riflettere in maniera più ampia sui precetti del vivere sociale e su quello che la nostra Carta Costituzionale e la Convenzione dei diritti dell’uomo vogliono tutelare. È chiaro che non sussiste nessuna limitazione alle libertà individuali e nessun contrasto normativo, perché essere liberi non significa solo rivendicare i propri diritti ma anche rispettare e valorizzare la libertà degli altri.

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